Noutoupatou, Mondes caribéens en mouvement
private view: 18 novembre, ore 18
A plus A Gallery, Venice, San Marco 3073 Flavio Désir, Samuel Gelas, Shamika Germain
organizzato da A plus A Gallery in collaborazione con Campus caribéen des Arts e supportato da Institut français
a cura di Paola Lavra
La galleria A plus A e il Campus caribéen des Arts hanno il piacere di annunciare Noutoupatou, Mondes caribéens en mouvement.
La mostra, sostenuta dall’Institut français, si apre in concomitanza con la chiusura della 60. edizione della Biennale Internazionale di Venezia, sulla scia dell’artista franco-caraibico Julien Creuzet.
Noutoupatou, è una parola, un suono, un invito a guardare con attenzione alle opere di tre giovani artisti appartenenti alla scena caraibica, provenienti dalle iso- le di Haïti, della Guadeloupe e di Saint Martin, laureati del Campus Caribéen des Arts di Fort-de-France in Martinica: Flavio Délice Desir, Samuel Gelas, Shamika Germain. La mostra è curata da Paola Lavra, antrolopologa e docente al Campus des Arts e diplomata alla School for Curatorial Studies Venice, in collaborazione con May Clementé, direttrice della Galerie École del CCA. Il progetto prevede un periodo di residenza per gli artisti a Venezia, una masterclass proposta da Julien Creuzet e una serie di iniziative al fine di creare un momento di scambio e incontro tra i tre artisti e la città di Venezia, isole appartenenti entrambe ad un vasto arcipelago che porta in sé un’intricata rete di rapporti e di connessioni al mondo.
Il periodo di residenza culminerà con l’apertura della mostra in cui il visitatore avrà l’opportunità di rilevare l’impronta storica, sociologica e culturale che ha marcato profondamente lo spazio e il corpo, l’identità plurale e contradditoria di una società coloniale che interroga costantemente le sue origini, la sua affiliazione e lo statuto di territorio francese ultramarino nella complessa geografia dell’arcipelago caraibico, il suo divenire nello spazio mondializzato delle Americhe. La decostruzione progressiva del paradigma della modernità occidentale lascia oggi spazio a nuovi e singolari paradigmi di pensiero e azione portati e tradotti dal linguaggio specifico dell’arte contemporanea, ispirata dalla poetica glissantiana della relazione e del Tout monde.
È in questo contesto che l’artista haïtiano-guyanese Flavio Délice Désir segue il percorso e la cartografia tracciate dalla comunità haïtiana in costante migrazione “verso altre rive”. Terra di origine da lui mai abitata, « non natale », Haïti è fondatrice di tutto un immaginario poetico e artistico che si costruisce sul filo delle testimonianze e dei racconti degli haïtiani in fuga. Una reale « etnografia dei passaggi » prende forma nelle tele e nelle sculture realizzate a partire da materiali di recupero che costituiscono il quotidiano fondato sulla « debrouillardise » e sull’urgenza della popolazione esposta ai movimenti tellurici e allo squilibrio permanente di un paese in guerra, che paga oggi e ancora il prezzo della sua rivoluzione. Quaderno di un ritorno alla terra dell’infanzia anelata, l’insieme delle opere si inscrive nel contesto drammatico degli attuali conflitti che agitano l’isola di Haïti.
Shamika Germain, artista saint-martinoise e jamaiquaine, si serve del dispositi- vo dell’immersione e della captazione (immagini, parole e suoni) per raccontare un’altra migrazione : la Sua, quella dei “Barrel childs” jamaicani, degli « Enfants de la Ddass in Francia , bambini affidati a istituti pubblici o cresciuti presso famiglie affidatarie e strutture di accoglienza. Raccogliere le voci e i silenzi dei corpi e delle anime separati dal seno materno si traduce in una ricca produzione che spazia dalla fotografia al disegno e alla pittura, dalla scultura al dispositivo filmico, dall’installazione alla performance di testi manoscritti. Materiali duri come il ferro e il cemento di ferro si oppongono alla dolcezza della lana nella fabbricazione di « culle » che alludono al vuoto e alla carenza di un’infanzia senza sogni. L’intimità diventa così supporto di una scrittura plastica e grafica singolare e polimorfa, nella creazione di un’estetica del trauma, tradotto dal termine créolo bless, forma di catarsi tragica operata dalla riproduzione e dalla materializzazione della ferita originaria. La storia individuale delle « Pupilles de l’État » narrata da Chamika fa eco alla storia del Bumidom e degli Enfants de la Creuse (1962/1984), alla vasta operazione di migrazione di massa realizzata dall’Ufficio per lo sviluppo delle migrazioni nei dipartimenti di oltremare di cui i bambini dei territori dei DOM (Réunion, Martinique, Guadeloupe) furono oggetto e vittime collaterali.
L’universo dei bambini, metafora della società antillana, è infine presente ed operante nelle imponenti tele dell’artista guadalupéense Samuel Gelas, vasti ritratti di gruppo che rinviano all’esperienza di ogni essere umano costitutivo di un gruppo sociale ma anche di un’umanità di cui l’infanzia è comune denominatore. Il dispo sitivo della foto di classe è stravolto (renversé) dal linguaggio codificato di un bestiario che sembra illustrare le derive di una società caratterizzata da un’identità ibrida, dall’incontro/scontro (collision) tra multiculturalismo e mondializzazione.
I bambini sono la società di domani nella classe che riunisce e favorisce/o no l’incontro di origini, religioni e diversi sistemi di pensiero. In un contesto di crisi e migrazioni multiformi portatrici di disparità legate ai concetti di classe, razza e genere, la poetica della relazione, summa teorica di Edouard Glissant, sovverte il concetto di classe e ispira un progetto artistico fondato sulla forza del collettivo. Il ritratto di classe iscrive l’individuo in un gruppo sociale che afferma con forza la sua singolarità ma rivendica anche l’appartenenza al mondo, all’essere Tout monde, laddove “la relazione diventa somma infinita di tutte le differenze”. (Cf. L’invitation au voyage, 22 novembre 2004, E. Glissant interrogé par Laure Adler).
Ospite di eccezione è l’artista Julien Creuzet, che rappresenta la Francia alla 60. Biennale di Venezia, protagonista di una masterclass che ripercorre le varie fasi della sua carriera, iniziata per l’appunto in Martinica. La masterclass è organizzata dall’Institut français, in collaborazione con il Campus Caraïbéen des Arts. È rivolta agli studenti delle Accademie di Belle Arti della Martinica e di Caen, nonché agli studenti del Lycée d’arts appliqués Victor Anicet di Saint Pierre. Questo evento è stato reso possibile grazie al sostegno della Collectivité Territoriale de Martinique.
Fondato sull’ègida di Aimé Cesaire nel 1984, l’attuale Campus Caribéen des Arts è una Scuola superiore d’Arte patrocinata dal Ministero della cultura e della Comunicazione, integrato nel sistema dell’insegnamento superiore delle scuole d’arte francesi. Unico polo francofono d’insegnamento delle arti visive nell’arco caraibico e nell’America centrale, l’istituto superiore mette in prospettiva il dispositivo europeo di cui è dotato per inserirsi nella territorialità più vasta assegnatagli dalla storia e dallo statuto di « territorio francese di oltremare ».
La mostra è visitabile dal 18 novembre al 21 dicembre 2024 alla Galleria A plus A.